Se Hendrix fosse ancora vivo, il mondo sarebbe migliore: l’addio 53 anni fa

Raccontare Jimi Hendrix è un po’ come dire che il Colosseo è bello e sconvolgente, che la Torre Eiffel lascia a bocca aperta o che il mare della Sardegna e della Sicilia possono tenere testa a quelli più famosi al mondo.

Raccontare Jimi Hendrix rischia di diventare una ripetizione: artista sconvolgente. Con il suo modo di vivere la chitarra elettrica (perché lui la viveva, non la suonava semplicemente) ha rivoluzionato il mondo. Ha esaltato stili diversi, li ha rivoluzionati, stravolti, amati, cambiati, gli ha dato la sua immagine e il suo stile. Ma, soprattutto, è entrato di diritto nell’Olimpo degli eterni. Fosse ancora tra noi, avrebbe continuato la sua rivoluzione quasi involontaria nel modo di suonare la chitarra. Lo faceva perché sì. I tanti artisti che comunque oggi provano a prenderlo come esempio, sarebbero potuti essere di più. E il mondo della musica sarebbe migliore. Decisamente.

Senza stare a raccontare il famoso club 27, ovvero l’età in cui Jimi ci ha lasciato, in compagnia di Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Brian Jones e via discorrendo, va detto che pure in pochi anni di carriera e poche pubblicazioni hanno lasciato una strada tracciata nella storia del rock.

Appena 3 album, tanti live ognuno diverso dall’altro, la morte arrivata così velocemente da essere diventata solo un momento di passaggio dalla vita terrena a quella leggendaria. Jimi, che il 18 settembre del 1970 decise che per lui era tempo di lasciare il mondo dei comuni mortali, complice un cocktail di alcool e tranquillanti che causò una morte violenta quanto triste.

Lui, che poteva avere il mondo ai suoi piedi, morì nel peggiore modi: forse in una camera d’albergo a Londra, forse nell’ambulanza che lo doveva portare in ospedale dopo il malore avuto (mentre era solo) a causa del cocktail maledetto.

Fonte di ispirazione e ammirazione per artisti in rampa di lancio o già affermati, ha conquistato i Beatles con una cover live di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band appena 3 giorni dopo la sua pubblicazione, ma ha anche ispirato i Cream di Eric Clapton nella scrittura di uno dei loro successi, Sunshine of Your Love. Talmente intenso il suo amore per la chitarra, talmente forte che arriva a bruciarle e a farle a pezzi. Potrebbe sembrare una contrazione, ma per lui non lo era: “È stato un sacrificio- ricorderà in una intervista-. Si sacrificano le cose che si amano. Io amo la mia chitarra”. Quello strumento di cui si innamorò da bambino, ma non potendosela permettere, soprattutto il papà, Jimi la sostituì con una scopa in qualche modo riadattata, che si portava dietro pure a scuola. Quando arrivò la prima vera, essendo lui mancino, semplicemente la rovesciò imparando velocemente a suonarla, da autodidatta.

Con la Fender Stratocaster, la sua più famosa fu una olimpic white con cui strabiliò Woodstock all’alba di un nuovo giorno, ebbe coraggio e incoscienza di prendere pezzi storicamente inavvicinabili come la dylaniana All Along The watchtower, rendendola più sua. Come pure Hey Joe di Billy Roberts, scritta nel 1962 ma trasformata in oro da Hendrix 4 anni dopo. Oggi avrebbe compiuto 80 anni e oltre 50 passati dalla sua morte, il rimpianto più grande.

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